Sabato della XII settimana del Tempo Ordinario








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27. 06. 2009
Sabato della XII settimana del Tempo Ordinario


San Cirillo di Alessandria

Vescovo e Dottore della Chiesa

(memoria facoltativa)

 

Dalla Catechesi di Papa Benedetto XVI (Mercoledì, 3 ottobre 2007)

 

Cari fratelli e sorelle,

anche oggi, continuando il nostro itinerario che sta seguendo le tracce dei Padri della Chiesa, incontriamo una grande figura: san Cirillo di Alessandria. Legato alla controversia cristologica che portò al Concilio di Efeso del 431 e ultimo rappresentante di rilievo della tradizione alessandrina, nell’Oriente greco Cirillo fu più tardi definito «custode dell’esattezza» – da intendersi come custode della vera fede – e addirittura «sigillo dei Padri». Queste antiche espressioni esprimono bene un dato di fatto che è caratteristico di Cirillo, e cioè il costante riferimento del Vescovo di Alessandria agli autori ecclesiastici precedenti (tra questi, soprattutto Atanasio) con lo scopo di mostrare la continuità della propria teologia con la Tradizione. Egli si inserisce volutamente, esplicitamente nella Tradizione della Chiesa, nella quale riconosce la garanzia della continuità con gli Apostoli e con Cristo stesso. Venerato come Santo sia in Oriente che in Occidente, nel 1882 san Cirillo fu proclamato Dottore della Chiesa dal Papa Leone XIII, il quale contemporaneamente attribuì lo stesso titolo anche ad un altro importante esponente della patristica greca, san Cirillo di Gerusalemme. Si rivelavano così l’attenzione e l’amore per le tradizioni cristiane orientali di quel Papa, che in seguito volle proclamare Dottore della Chiesa pure san Giovanni Damasceno, mostrando anche in questo modo la sua convinzione circa l’importanza di quelle tradizioni nell’espressione della dottrina dell’unica Chiesa di Cristo.

 

Le notizie sulla vita di Cirillo prima della sua elezione all’importante sede di Alessandria sono pochissime. Nipote di Teofilo, che dal 385 come Vescovo resse con mano ferma e grande prestigio la Diocesi alessandrina, Cirillo nacque probabilmente nella stessa metropoli egiziana tra il 370 e il 380. Venne presto avviato alla vita ecclesiastica e ricevette una buona educazione, sia culturale che teologica. Nel 403 era a Costantinopoli al seguito del suo potente zio, e qui partecipò al Sinodo detto della Quercia, che depose il Vescovo della città, Giovanni (detto più tardi Crisostomo), segnando così il trionfo della sede alessandrina su quella, tradizionalmente rivale, di Costantinopoli, dove risiedeva l’imperatore. Alla morte dello zio Teofilo, l’ancora giovane Cirillo nel 412 fu eletto Vescovo dell’influente Chiesa di Alessandria, che governò con grande energia per trentadue anni, mirando sempre ad affermarne il primato in tutto l’Oriente, forte anche dei tradizionali legami con Roma.

 

Qualche anno dopo, nel 417 o nel 418, il Vescovo di Alessandria si dimostrò realista nel ricomporre la rottura della comunione con Costantinopoli, che era in atto ormai dal 406 in conseguenza della deposizione del Crisostomo. Ma il vecchio contrasto con la sede costantinopolitana si riaccese una decina di anni più tardi, quando nel 428 vi fu eletto Nestorio, un autorevole e severo monaco di formazione antiochena. Il nuovo Vescovo di Costantinopoli, infatti, suscitò presto opposizioni perché nella sua predicazione preferiva per Maria il titolo di «Madre di Cristo» (Christotókos), in luogo di quello – già molto caro alla devozione popolare – di «Madre di Dio» (Theotókos). Motivo di questa scelta del Vescovo Nestorio era la sua adesione alla cristologia di tipo antiocheno che, per salvaguardare l’importanza dell’umanità di Cristo, finiva per affermarne la divisione dalla divinità. E così non era più vera l’unione tra Dio e l’uomo in Cristo e, naturalmente, non si poteva più parlare di «Madre di Dio».

La reazione di Cirillo – allora massimo esponente della cristologia alessandrina, che intendeva invece sottolineare fortemente l’unità della persona di Cristo – fu quasi immediata, e si dispiegò con ogni mezzo già dal 429, rivolgendosi anche con alcune lettere allo stesso Nestorio. Nella seconda che Cirillo gli indirizzò, nel febbraio del 430, leggiamo una chiara affermazione del dovere dei Pastori di preservare la fede del Popolo di Dio. Questo era il suo criterio, valido peraltro anche oggi: la fede del Popolo di Dio è espressione della Tradizione, è garanzia della sana dottrina. Così scrive a Nestorio: «Bisogna esporre al popolo l’insegnamento e l’interpretazione della fede nel modo più irreprensibile e ricordare che chi scandalizza anche uno solo dei piccoli che credono in Cristo subirà un castigo intollerabile».

Nella stessa lettera a Nestorio – lettera che più tardi, nel 451, sarebbe stata approvata dal Concilio di Calcedonia, il quarto ecumenico – Cirillo descrive con chiarezza la sua fede cristologica: «Affermiamo così che sono diverse le nature che si sono unite in vera unità, ma da ambedue è risultato un solo Cristo e Figlio, non perché a causa dell’unità sia stata eliminata la differenza delle nature, ma piuttosto perché divinità e umanità, riunite in unione indicibile e inenarrabile, hanno prodotto per noi il solo Signore e Cristo e Figlio». E questo è importante: realmente la vera umanità e la vera divinità si uniscono in una sola Persona, il Nostro Signore Gesù Cristo. Perciò, continua il Vescovo di Alessandria, «professeremo un solo Cristo e Signore, non nel senso che adoriamo l’uomo insieme col Logos, per non insinuare l’idea della separazione col dire “insieme”, ma nel senso che adoriamo uno solo e lo stesso, perché non è estraneo al Logos il suo corpo, col quale siede anche accanto a suo Padre, non quasi che gli seggano accanto due figli, bensì uno solo unito con la propria carne».

E presto il Vescovo di Alessandria, grazie ad accorte alleanze, ottenne che Nestorio fosse ripetutamente condannato: da parte della sede romana, quindi con una serie di dodici anatematismi da lui stesso composti e, infine, dal Concilio tenutosi a Efeso nel 431, il terzo ecumenico. L’assemblea, svoltasi con alterne e tumultuose vicende, si concluse con il primo grande trionfo della devozione a Maria e con l’esilio del Vescovo costantinopolitano che non voleva riconoscere alla Vergine il titolo di «Madre di Dio», a causa di una cristologia sbagliata, che apportava divisione in Cristo stesso. Dopo avere così prevalso sul rivale e sulla sua dottrina, Cirillo seppe però giungere, già nel 433, a una formula teologica di riconciliazione con gli antiocheni. E anche questo è significativo: da una parte c’è la chiarezza della dottrina di fede, ma dall’altra anche la ricerca intensa dell’unità e della riconciliazione. Negli anni seguenti si dedicò in ogni modo a difendere e a chiarire la sua posizione teologica fino alla morte, sopraggiunta il 27 giugno del 444.

 

Gli scritti di Cirillo – davvero molto numerosi e diffusi con larghezza anche in diverse traduzioni latine e orientali già durante la sua vita, a testimonianza del loro immediato successo – sono di primaria importanza per la storia del cristianesimo. Importanti sono i suoi commenti a molti libri veterotestamentari e del Nuovo Testamento, tra cui l’intero Pentateuco, Isaia, i Salmi e i Vangeli di Luca e di Giovanni. [...]
Libro della Genesi 18,1-15.

Poi il Signore apparve a lui alle Querce di Mamre, mentre egli sedeva all'ingresso della tenda nell'ora più calda del giorno. Egli alzò gli occhi e vide che tre uomini stavano in piedi presso di lui. Appena li vide, corse loro incontro dall'ingresso della tenda e si prostrò fino a terra, dicendo: "Mio signore, se ho trovato grazia ai tuoi occhi, non passar oltre senza fermarti dal tuo servo. Si vada a prendere un pò di acqua, lavatevi i piedi e accomodatevi sotto l'albero. Permettete che vada a prendere un boccone di pane e rinfrancatevi il cuore; dopo, potrete proseguire, perché è ben per questo che voi siete passati dal vostro servo". Quelli dissero: "Fà pure come hai detto".

Allora Abramo andò in fretta nella tenda, da Sara, e disse: "Presto, tre staia di fior di farina, impastala e fanne focacce". All'armento corse lui stesso, Abramo, prese un vitello tenero e buono e lo diede al servo, che si affrettò a prepararlo. Prese latte acido e latte fresco insieme con il vitello, che aveva preparato, e li porse a loro. Così, mentr'egli stava in piedi presso di loro sotto l'albero, quelli mangiarono.
Poi gli dissero: "Dov'è Sara, tua moglie?". Rispose: "È là nella tenda". Il Signore riprese: "Tornerò da te fra un anno a questa data e allora Sara, tua moglie, avrà un figlio". Intanto Sara stava ad ascoltare all'ingresso della tenda ed era dietro di lui.


Abramo e Sara erano vecchi, avanti negli anni; era cessato a Sara ciò che avviene regolarmente alle donne. Allora Sara rise dentro di sé e disse: "Avvizzita come sono dovrei provare il piacere, mentre il mio signore è vecchio!". Ma il Signore disse ad Abramo: "Perché Sara ha riso dicendo: Potrò davvero partorire, mentre sono vecchia? C'è forse qualche cosa impossibile per il Signore? Al tempo fissato tornerò da te alla stessa data e Sara avrà un figlio". Allora Sara negò: "Non ho riso!", perché aveva paura; ma quegli disse: "Sì, hai proprio riso".


Salmo: Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Luca 1,46-47.48-49.50.53.54-55.

Allora Maria disse: «L'anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,
perché ha guardato l'umiltà della sua serva. D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.
Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente e Santo è il suo nome: di generazione in generazione la sua misericordia si stende su quelli che lo temono. ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato a mani vuote i ricchi. Ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia,
come aveva promesso ai nostri padri, ad Abramo e alla sua discendenza, per sempre».
Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Matteo 8,5-17.

Entrato in Cafarnao, gli venne incontro un centurione che lo scongiurava: «Signore, il mio servo giace in casa paralizzato e soffre terribilmente». Gesù gli rispose: «Io verrò e lo curerò».
Ma il centurione riprese: «Signore, io non son degno che tu entri sotto il mio tetto, dì soltanto una parola e il mio servo sarà guarito. Perché anch'io, che sono un subalterno, ho soldati sotto di me e dico a uno: Fà questo, ed egli lo fa». All'udire ciò, Gesù ne fu ammirato e disse a quelli che lo seguivano: «In verità vi dico, presso nessuno in Israele ho trovato una fede così grande. Ora vi dico che molti verranno dall'oriente e dall'occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli,
mentre i figli del regno saranno cacciati fuori nelle tenebre, ove sarà pianto e stridore di denti».
E Gesù disse al centurione: «Và, e sia fatto secondo la tua fede». In quell'istante il servo guarì.
Entrato Gesù nella casa di Pietro, vide la suocera di lui che giaceva a letto con la febbre.
Le toccò la mano e la febbre scomparve; poi essa si alzò e si mise a servirlo.

Venuta la sera, gli portarono molti indemoniati ed egli scacciò gli spiriti con la sua parola e guarì tutti i malati, perché si adempisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaia: Egli ha preso le nostre infermità e si è addossato le nostre malattie.
Meditazione del giorno
Basilio di Seleucia ( ?-circa 468), vescovo
Discorsi, 19, PG 85, 235


« Molti verranno dall'Oriente e dall'Occidente e siederanno... nel Regno dei cieli »

Nel Vangelo, ho visto il Signore compiere dei miracoli e, rassicurato da loro, la mia parola si fa più salda. Ho visto il centurione gettarsi ai piedi del Signore; ho visto le nazioni mandare i loro primi frutti a Cristo. La croce non è ancora innalzata e già i pagani si affrettano verso il maestro. Non si è ancora sentito: «Andate e ammaestrate tutte le nazioni» (Mt 28,19) e già le nazioni accorrono. La loro corsa precede la loro chiamata, ardono del desiderio del Signore. La predicazione non è ancora risuonata e già si affrettano verso colui che predica. Pietro... sta ancora ascoltando l'insegnamento ed esse si radunano attorno a colui che lo ammaestra; la luce di Paolo non risplende ancora sotto il vessillo di Cristo e le nazioni vengono ad adorare il re con l'incenso (Mt 2,11).

E ora ecco che un centurione lo prega e gli dice: «Signore, il mio servo giace in casa paralizzato e soffre terribilmente». Questo è proprio un nuovo miracolo: il servo dalle membra paralizzate conduce il suo padrone al Signore; la malattia dello schiavo rende la salute al suo padrone. Cercando la salute del suo servo, trova il Signore e, mentre è in cerca della salute del suo schiavo, diviene la conquista di Cristo.

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Djasabra di e di Diesdos Siman

Promé Lektura. Gén 18, 1-15
Lektura for di buki di Génesis.
Abraham tabata biba banda di un palu grandi, na e lugá yamá Mambré. Un mèrdia, ora tabata hasi masha kalor, i Abraham tabata sintá dilanti di entrada di su tènt, Señor Dios a aparesé n’e na siguiente manera. Di ripiente, Abraham a mira tres biahero na pia aserkando. Mesora el a kore di entrada di su tènt bai kontra nan.

El a inkliná, te na suela, nan dilanti, bisando: "Shonnan! Si boso ke hasi mi un fabor, no pasa largu, sin hasi mi un bishita. Lo mi trese awa. Laba boso pia, i sosegá kurpa den sombra di e palu aki. Miéntrastantu, mi ta bai buska un refresku, pa boso rekobrá forsa, promé di sigui boso kaminda. Anto, boso no a pasa akibanda por nada!"

Nan a kontest’é: "Hasi libremente loke bo ta bisa!" Purá Abraham a drenta su tènt bai serka Sara, bisando: "Kohe lihé tres midí di hariña fini, mans’é i traha pan". Abraham mes a kore bai den kurá di baka, i a buska un bisé bunita. El a bisa un di su sirbidónan: "Hasi lihé pa prepar’é!" Anto, Abraham a trese manteka i lechi, huntu ku e bisé, ku el a laga prepará, i a pone tur esei dilanti di e tres hòmbernan.

Miéntras nan tabata kome, e mes a keda pará den sombra di palu, pa sirbi nan.

Nan a puntr’é: "Unda bo señora Sara ta?" "Aki, den tènt", Abraham a kontestá. Un di nan a bisa: "Otro aña sin falta, lo Mi bolbe bishitá bo. Anto, bo señora lo tin un yu hòmber". Sara tabata pará tras di Abraham, den entrada di tent, i e tabata skucha. El a hari den su mes, pasobra Abraham i Sara tabata di edat avansá kaba, i Sara tabata sa, ku ya e tabata inkapas na konsebí. E tabata pensa: "Na mi edat ainda lo mi por tin relashon ku un esposo di un edat asina avansá?"

Pero Señor a bisa Abraham: "Pakiko Sara ta hari, bisando: "Por sosodé ku na mi edat ainda lo mi por trese un yu na mundu? Por tin algu imposibel pa Dios? Aki un aña lo mi bolbe bishitá bo. Anto Sara lo tin yu". "Mi no a hari!" Sara a bisa. Sara a gaña, pasobra e tabatin miedu. pero Señor a kontest’é: "No ninga! Sigur bo a hari!". Palabra di Dios.
Salmo responsorial. Lk 1, 46-55
R. Den su bondat Señor ta rekordá nos.
L. Mi alma ta alabá grandesa di Señor. Mi spiritu ta legra den Dios mi Salbador. R.

L. Su preferensia a kai riba mi, su humilde sirbidó. Di awor en adilanti tur generashon lo yama mi dichoso. Loke El a hasi na mi, ta atmirabel. Esun poderoso, su Nòmber ta santu. R.

L. E ta yen di bondat, generashonnan tras di otro, pa tur ku respet’É. Na esnan ku tin hamber, E ta duna abundansha, ma E ta manda hende riku bai kas ku man bashí. R.

L. El a yuda nashon di Israèl, su sirbidó, rekordando su amor, kumpliendo su promesa, hasí na nos grandinan, na Abraham i tur su desendientenan pa semper. R.

Aklamashon promé ku Evangelio. Mt 8, 17
Aleluya, aleluya! El a tuma nos sufrimentu. El a karga nos enfermedat. Aleluya!
Evangelio. Mt 8, 5-17
Proklamashon di Evangelio di Hesu-Kristu segun San Mateo.
Ora Hesus a yega Kafárnao, un ofishal romano a yega serka djE, suplikando: "Señor! Na kas mi tin un sirbiente, ku ta drumí na kama paralisá. E tin hopi dolor". Hesus a bis’é: "Lo Mi bini i lo Mi kur’é".

Pero, e ofishal a kontest’é: "Kende mi ta pa Bo drenta mi kas! Ma bisa ún palabra só! Esei lo ta sufisiente pa kura mi sirbiente. Ami tambe ta para bou di ofishalnan mas haltu, i mi tin sòldánan bou di mi mando. Na ún mi ta bisa: 'Bai!' i e ta bai, i na un otro: 'Bini!' i e ta bini, i na mi kriá: 'Hasi tal trabou!' i e ta obedesé".

Hesus a tende esei, El a keda atmirá, a bisa esnan ku tabata siguiÉ: "Mi ta sigurá boso, ku, den pueblo di Israèl, Mi no a haña niun hende ku un fe asina grandi. Mi ta bisa boso, ku hopi hende lo bini di ost i west, pa sinta na mesa huntu ku Abraham, Isak i Yakob den Reino di shelu. Pero herederonan di Reino lo keda tirá pafó den skuridat. Aya, nan lo yora i keha i morde riba nan djente". Hesus a bisa e ofishal: "Bai kas. Loke bo ta kere, lo sosodé!" N’e mes memento ei, e kriá di ofishal a bira bon.

Hesus a drenta kas di Pedro. Aya el a topa suegra di Pedro, ku keintura, drumí na kama. Hesus a kohe su man i keintura a lag’é. El a lanta di kama i a kuminsá sirbi Hesus.

Ora a bira atardi, pueblo a trese hopi hende ku tabata bou di poder di diabel. Ku un palabra so, Hesus a saka mal spiritu i a kura hopi enfermo. Asina a bira realidat loke profeta Isaías a bisa di antemano: "El a tuma nos sufrimentu, a karga nos enfermedat". Palabra di Señor.

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Le samedi de la 12e semaine du Temps Ordinaire
Saint Cyrille d'Alexandrie
(370-444)


Docteur de l'Eglise. Né à Alexandrie, il fut formé par son oncle, l'évêque Théophile. Ordonné prêtre, il remplaça son oncle à la tête de l'évêché lorsque ce dernier mourut. Il se battit contre la théorie voulant que Jésus ne soit pas homme, et contre son contraire, niant la divinité du Christ (arianisme). Il luttait d'autant plus que les deux théories niaient la virginité et la maternité de Marie. Par ses efforts, il réussit à faire accepter le dogme de la double nature du Christ et permettra que la Vierge Marie soit appelée "Mère de Dieu". Pour couronner ses efforts, il fut déclaré "Docteur de l'Eglise" en 1883.



SAINT LADISLAS

Roi de Hongrie

(1031-1095)


Saint Ladislas fut appelé au trône de Hongrie, l'an 1080, par la libre volonté du peuple. Bien différent de la plupart des puissants de ce monde, qui n'aspirent qu'aux grandeurs passagères, Ladislas ne recherchait que la vraie grandeur, celle que l'on acquiert par la vertu. Dès sa jeunesse il était admiré de tout le monde pour sa chasteté, sa modestie, sa piété, sa tendresse envers les pauvres.

Il n'avait pas seulement l'âme d'un Saint, mais toutes les qualités d'un roi. Nul, dans toute la Hongrie, n'était de taille plus grande ni de port plus majestueux que lui; les fatigues de la guerre, les graves occupations de la paix lui convenaient également. Il recevait tout le monde avec la plus grande affabilité, et les moindres de ses sujets pouvaient en confiance venir lui réclamer justice; ses jugements équitables, semblables à ceux d'un père plutôt que d'un maître, étaient agréés de tous; aussi la voix publique lui donna-t-elle le beau nom de Pieux.

La vie de Ladislas en son palais était fort austère; sa table, il est vrai, était royalement servie, mais il n'y prenait que ce qui lui était nécessaire; il jeûnait même souvent, se refusait l'usage du vin, couchait sur la dure, mortifiait son corps et, par ces moyens, triomphait des périls que courent les rois au milieu de l'éclat et de la mollesse des cours.

Ennemi des amusements frivoles, il donnait tout son temps aux exercices de piété et aux devoirs de son état, ne se proposant en tout que la plus grande gloire de Dieu. La religion était tout pour lui; fort conciliant quand il s'agissait de sa personne, il ignorait les demi-mesures quand il s'agissait de maintenir les droits de l'Église ou de défendre son pays. Pas un pauvre ne sortait de son palais sans avoir reçu quelque soulagement à sa misère: chaque genre de besoin trouvait près de lui un secours assuré.

Les églises magnifiques qu'il fit construire sont un nouveau témoignage de la religion de ce grand prince et de son zèle à favoriser le développement du culte chrétien chez un peuple encore à demi barbare et à demi païen. Du reste, Ladislas ne se contentait pas de travailler à la conversion des autres, il était le modèle de tous, une sorte de loi vivante, qui enseignait à chacun ses devoirs. Son palais était si édifiant, qu'on n'y entendait ni jurements, ni paroles inconvenantes; les jeûnes y étaient fidèlement observés; en un mot, on eût dit moins une cour royale qu'une maison religieuse.

Ladislas avait été choisi pour commander en chef la première croisade, quand Dieu l'appela à Lui, le 30 juillet 1095.

NOTRE-DAME du PERPÉTUEL SECOURS

        De style byzantin, peinte sur bois et à fond d'or, l'image de Notre-Dame du Perpétuel-Secours mesure environ 50 centimètres de haut. La Vierge y apparaît avec son divin Enfant; sur leurs fronts brille une auréole d'or. Deux anges, l'un à droite et l'autre à gauche, présentent les instruments de la Passion à l'Enfant-Jésus effrayé, tandis que la Sainte Vierge regarde la scène pathétique avec une douleur calme et résignée.

        Après avoir été longtemps vénérée en Crète, des habitants de cette île qui fuyaient une invasion turque à la fin du XIVe siècle, apportèrent l'image de Notre-Dame du Perpétuel-Secours à Rome. A l'invocation de Marie, sous le titre de Notre-Dame du Perpétuel-Secours, le navire qui transportait Sa sainte image fut sauvé d'une terrible tempête.  Le 27 mars 1499, après avoir parcouru triomphalement les rues de la ville éternelle, précédé du clergé de Rome et suivi du peuple, le portrait de la Vierge du Perpétuel-Secours fut placé au-dessus du maître-autel de l'église St-Matthieu, près de Ste-Marie-Majeure.

        Grâce aux soins des religieux augustins, la sainte image devint l'objet d'un culte très populaire que Dieu récompensa au cours de plusieurs siècles, par de nombreux miracles.  Pendant les troubles de la Révolution de 1789-1793, les troupes françaises qui occupaient Rome détruisirent l'église St-Matthieu. Un des religieux qui desservaient ce sanctuaire eut le temps de soustraire secrètement la Madone miraculeuse. Il la cacha avec tant de soin, que pendant soixante ans, on se demanda ce qu'était devenue la célèbre peinture.  Dieu permit qu'un concours de circonstances providentielles fît redécouvrir l'image vénérée.

        En 1865, afin de rendre la pieuse représentation aux mêmes lieux où on l'avait priée jadis, Pie IX ordonna de la rapporter sur l'Esquilin, dans l'église St-Alphonse-de-Liguori bâtie dans l'enceinte où se trouvait autrefois l'église St-Matthieu. Le 26 avril 1866, les Rédemptoristes intronisèrent solennellement Notre-Dame du Perpétuel-Secours en leur chapelle.  Depuis ce temps, grâce au zèle des fils de saint Alphonse et aux innombrables miracles obtenus dans leur pieux sanctuaire, la dévotion à Notre-Dame du Perpétuel-Secours a pris un essor extraordinaire.

        Le 23 juin 1867, afin de reconnaître et de perpétuer le souvenir de ces précieuses faveurs, le vénérable Chapitre du Vatican couronna la sainte image avec grande pompe.  En 1876, le pape Pie IX érigea une Archiconfrérie dans l'église St-Alphonse, sous le vocable de Notre-Dame du Perpétuel-Secours. Aujourd'hui, la Sainte Vierge est invoquée sous ce vocable dans la plupart des églises d'Occident.

Livre de la Genèse 18,1-15.

Aux chênes de Mambré, le Seigneur apparut à Abraham, qui était assis à l'entrée de la tente. C'était l'heure la plus chaude du jour. Abraham leva les yeux, et il vit trois hommes qui se tenaient debout près de lui. Aussitôt, il courut à leur rencontre, se prosterna jusqu'à terre et dit : « Seigneur, si j'ai pu trouver grâce à tes yeux, ne passe pas sans t'arrêter près de ton serviteur. On va vous apporter un peu d'eau, vous vous laverez les pieds, et vous vous étendrez sous cet arbre. Je vais chercher du pain, et vous reprendrez des forces avant d'aller plus loin, puisque vous êtes passés près de votre serviteur ! » Ils répondirent : « C'est bien. Fais ce que tu as dit. » Abraham se hâta d'aller trouver Sara dans sa tente, et il lui dit : «Prends vite trois grandes mesures de farine, pétris la pâte et fais des galettes.»

Puis Abraham courut au troupeau, il prit un veau gras et tendre, et le donna à un serviteur, qui se hâta de le préparer. Il prit du fromage blanc, du lait, le veau qu'on avait apprêté, et les déposa devant eux ; il se tenait debout près d'eux, sous l'arbre, pendant qu'ils mangeaient. Ils lui demandèrent : « Où est Sara, ta femme ? » Il répondit : « Elle est à l'intérieur de la tente. » Le voyageur reprit : « Je reviendrai chez toi dans un an, et à ce moment-là, Sara, ta femme, aura un fils. » Or, Sara écoutait par derrière, à l'entrée de la tente. (Abraham et Sara étaient très avancés en âge, et Sara était vraiment une vieille femme. )
Elle se mit à rire silencieusement ; elle se disait : « J'ai pourtant passé l'âge de l'amour, et mon seigneur est un vieillard ! » Le Seigneur Dieu dit à Abraham : « Pourquoi Sara a-t-elle ri, en disant : 'Est-ce que vraiment j'aurais un enfant, vieille comme je suis ? 'Y-a-t-il une merveille que le Seigneur ne puisse accomplir ? Au moment fixé, je reviendrai chez toi, et dans un an, Sara aura un fils. » Saisie de crainte, Sara se défendit en disant : « Je n'ai pas ri. » Mais le Seigneur répliqua : « Si, tu as ri. »

Psaume: Evangile de Jésus-Christ selon saint Luc 1,46-47.48-49.50.53.54-55.

Marie rendit grâce au Seigneur en disant : « Mon âme exalte le Seigneur, mon esprit exulte en Dieu mon Sauveur. Il s'est penché sur son humble servante ; désormais tous les âges me diront bienheureuse.
Le Puissant fit pour moi des merveilles ; Saint est son nom ! Son amour s'étend d'âge en âge sur ceux qui le craignent. Il comble de biens les affamés, renvoie les riches les mains vides. Il relève Israël son serviteur, il se souvient de son amour, de la promesse faite à nos pères, en faveur d'Abraham et de sa race à jamais. »

Evangile de Jésus-Christ selon saint Matthieu 8,5-17.


Jésus était entré à Capharnaüm ; un centurion de l'armée romaine vint à lui et le supplia : « Seigneur, mon serviteur est au lit, chez moi, paralysé, et il souffre terriblement. » Jésus lui dit : « Je vais aller le guérir. » Le centurion reprit : « Seigneur, je ne suis pas digne que tu entres sous mon toit, mais dis seulement une parole et mon serviteur sera guéri. Ainsi, moi qui suis soumis à une autorité, j'ai des soldats sous mes ordres ; je dis à l'un : 'Va', et il va, à un autre : 'Viens', et il vient, et à mon esclave : 'Fais ceci', et il le fait. » A ces mots, Jésus fut dans l'admiration et dit à ceux qui le suivaient : « Amen, je vous le déclare, chez personne en Israël, je n'ai trouvé une telle foi. Aussi je vous le dis : Beaucoup viendront de l'orient et de l'occident et prendront place avec Abraham, Isaac et Jacob au festin du Royaume des cieux, et les héritiers du Royaume seront jetés dehors dans les ténèbres ; là, il y aura des pleurs et des grincements de dents. »

Et Jésus dit au centurion : « Rentre chez toi, que tout se passe pour toi selon ta foi. » Et le serviteur fut guéri à cette heure même. Comme Jésus entrait chez Pierre, il vit sa belle-mère couchée avec de la fièvre. Il lui prit la main, et la fièvre la quitta. Elle se leva, et elle le servait. Le soir venu, on lui amena beaucoup de possédés ; il chassa les esprits par sa parole et il guérit tous les malades.
Ainsi devait s'accomplir la parole prononcée par le prophète Isaïe : Il a pris nos souffrances, il a porté nos maladies.

Commentaire du jour
Basile de Séleucie (?-v. 468), évêque
Homélie 19 sur le centurion, PG 85, 235s (trad. Bouchet, Lectionnaire, p. 354 rev.)


« Beaucoup viendront de l'Orient et de l'Occident prendre place...dans le Royaume des cieux »

      Dans l'Évangile j'ai vu le Seigneur accomplir des miracles et, rassuré par eux, j'affermis ma parole craintive. J'ai vu le centurion se jeter aux pieds du Seigneur ; j'ai vu les nations envoyer au Christ leurs premiers fruits. La croix n'est pas encore dressée et déjà les païens se hâtent vers le maître. On n'a pas encore entendu : « Allez, enseignez toutes les nations » (Mt 28,19) et les nations accourent déjà. Leur course précède leur appel, elles brûlent du désir du Seigneur. La prédication n'a pas encore retenti et elles s'empressent vers celui qui prêche. Pierre...est encore enseigné et elles se rassemblent autour de celui qui l'enseigne ; la lumière de Paul n'a pas encore resplendi sous l'étendard du Christ et les nations viennent adorer le roi avec de l'encens (Mt 2,11).

      Et maintenant voici qu'un centurion le prie et lui dit : « Seigneur, mon serviteur est couché à la maison, paralysé, et il souffre beaucoup ». Voilà bien un nouveau miracle : le serviteur dont les membres sont paralysés conduit son maître au Seigneur ; la maladie de l'esclave rend la santé à son propriétaire. Cherchant la santé de son serviteur, il trouve le Seigneur, et tandis qu'il est en quête de la santé de son esclave, il devient la conquête du Christ.

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Jour liturguique: Temps ordinaire - 12e Semaine: Samedi

Texte de l'Evangile (Mt 8,5-17):  Jésus était entré à Capharnaüm; un centurion de l'armée romaine vint à lui et le supplia: «Seigneur, mon serviteur est au lit, chez moi, paralysé, et il souffre terriblement». Jésus lui dit: «Je vais aller le guérir». Le centurion reprit: «Seigneur, je ne suis pas digne que tu entres sous mon toit, mais dis seulement une parole et mon serviteur sera guéri. Ainsi, moi qui suis soumis à une autorité, j'ai des soldats sous mes ordres ; je dis à l'un: ‘Va’, et il va, à un autre: ‘Viens’, et il vient, et à mon esclave: ‘Fais ceci’, et il le fait». A ces mots, Jésus fut dans l'admiration et dit à ceux qui le suivaient: «Amen, je vous le déclare, chez personne en Israël, je n'ai trouvé une telle foi. Aussi je vous le dis: Beaucoup viendront de l'orient et de l'occident et prendront place avec Abraham, lsaac et Jacob au festin du Royaume des cieux, et les héritiers du Royaume seront jetés dehors dans les ténèbres; là, il y aura des pleurs et des grincements de dents». Et Jésus dit au centurion: «Rentre chez toi, que tout se passe pour toi selon ta foi». Et le serviteur fut guéri à cette heure même.

Comme Jésus entrait chez Pierre, il vit sa belle-mère couchée avec de la fièvre. Il lui prit la main, et la fièvre la quitta. Elle se leva, et elle le servait. Le soir venu, on lui amena beaucoup de possédés; il chassa les esprits par sa parole et il guérit tous les malades. Ainsi devait s'accomplir la parole prononcée par le prophète Isaïe: Il a pris nos souffrances, il a porté nos maladies.

Commentaire: Abbé Xavier Jauset i Clivillé (Lleida, Espagne)

«Je ne suis pas digne que tu entres sous mon toit, mais dis seulement une parole et mon serviteur sera guéri»

Aujourd'hui, dans l'Évangile nous observons l'amour, la foi, la confiance et l'humilité d'un centurion qui éprouve une très grande affection pour son serviteur. Il se fait du souci à un tel point qu'il va jusqu'à s'humilier devant Jésus et lui demander:«Seigneur, mon serviteur est au lit, chez moi, paralysé, et il souffre terriblement» (Mt 8,6). Cette sollicitude envers les autres, spécialement envers un serviteur lui obtient de la part de Jésus une réponse immédiate: «Je vais aller le guérir» (Mt 8,7). Tout ce qui se passe ensuite abouti dans une série d'actes de foi et de confiance. Le centurion ne se considère pas digne mais cependant il exprime sa foi et sa confiance envers Jésus face à tous, de telle manière que Jésus ne peut que s'exclamer: «Je vous le déclare, chez personne en Israël, je n'ai trouvé une telle foi» (Mt 8,10).

Nous pouvons nous demander ce qui pousse Jésus à accomplir un miracle. Souvent on demande des choses et on dirait que Dieu ne s'occupe pas de nous! Et tout cela en ayant la certitude que Dieu entend toujours ce que nous lui demandons. Alors, qu'est-ce qui se passe? Nous pensons peut-être que nous le demandons correctement, mais est-ce que nous demandons comme l'a fait le centurion? La prière du centurion n'est pas égoïste, mais pleine d'amour, d'humilité et de confiance. Saint Pierre Crysologue nous dit: «La force de l'amour ne tient pas compte des possibilités (…). L'amour ne discerne pas, ne réfléchit pas, ne connaît aucun argument. L'amour n'est pas résignation devant l'impossible, car il ne se laisse pas intimider par les difficultés». Est-ce que notre prière est ainsi?

«Seigneur, je ne suis pas digne que tu entres sous mon toit» (Mt 8,8). Ceci est la réponse du centurion, est-ce que vos sentiments sont ainsi? Est-ce que votre foi est comme la sienne? «Seule la foi peut comprendre ce mystère, la foi qui est le fondement et la base de tout ce qui surpasse l'expérience et la connaissance ordinaire» (Saint Maxime). S'il en est ainsi vous aussi vous entendrez ces paroles: «‘Que tout se passe pour toi selon ta foi’. Et le serviteur fut guéri à cette heure même» (Mt 8,13).

Sainte Marie, Vierge et Mère! Maîtresse de foi, d'espérance et d'amour prévenant, enseigne-nous à prier comme il faut pour obtenir du Seigneur tout ce dont on a besoin.

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Zaterdag in week 12 door het jaar

Heilige Cyrillus van Alexandrië, bisschop en kerkleraar
(gedachtenis)

Cyrillus, geboren in 370, leidde een leven als monnik, toen hij priester werd gewijd en zijn oom als bisschop van Alexandrië in 412 opvolgde. Krachtig bestreed hij de leerstellingen van Nestorius. Op het Concilie van Efeze was hij de hoofdfiguur. Van zijn hand zijn verschillende geschriften die het katholieke geloof verklaren en verdedigen. Hij stierf in 444.

Attr. met andere kerkvaders (Athanasius de Grote); boek; boeken in een vuur gooiend (veroordeling van Nestorius en zijn ketterij); duif op de schouder (H.Geest); Maria verschijnt hem.
Icon. afgebelld in de Santa Maria maggiore en de San Clemente in Rome.
Ook Oosters-orthodox.


H. Emma van Gurk

(gedachtenis)
ca 983 Kärnten - 29 juni 1045 Gurk.

Familie van keizer Hendrik II en de echtgenote van graaf Za. Wilhelmus van Sann. Na de dood van haar man, graaf van Friesach-Zeltschach, en zoon sitchtte ze van haar omvangrijk bezit (dankzij door haar geërfde zilvermijnen) het benedictijnenklooster Admkont in het dal van de Enns in 1074 voltooid door Za. Gebhard van Salzburg, en het dubbelklooster van Gurk (bij Klagenfurt). Zij rust in de vierhonderd vierkante meter grote crypte van de fraaie Romaanse dom van Gurk. Heiligverklaard in 1938.

Patr. van Kärnten, bisdom Gurk-Klagenfurt; tegen oogziekten (staar); voor goede geboorte.

Attr. als rijke vrouw; aalmoezen uitdelend; met hoed op het hoofd; model van een kerk in de hand.

H. Ladislaus van Hongarije (gedachtenis)

ca 27 juni 1040 Polen - 29 juli 1095 bij Nitra (Slowakije).

In 1077 volgde hij zijn vader Bela I op als koning van Hongarije en voegde Dalmatie en Kroatie aan zijn rijk toe. Door zijn verlicht koningschap, zowel in staatsaangelegenheden als op kerkelijk vlak, is hij een van de nationale helden van Hongarije. Hij bevocht Polen, Russen, Tataren en Koemanen en stichtte in 1090 het bisdom Zagreb. Steunde de paus tijdens de investituurstrijd tegen Hendrik IV. Mede door zijn inzet werden Stefanus, Emeric en Gerardus in 1083 heiligverklaard door plechtige verheffing van hun relieken. Ook Andreas Zoerardus en Benedictus van Skalka werden onder hem heiligverklaard. Ladislaus overleed terwijl hij zich opmaakte voor de eerste kruistocht naar Palestina. Zijn relieken zijn in de door hem gebouwde Mariakerk in Oradea (N-W Roemenie) alsook in Zagreb en Dubrovnik. Heiligverklaard in 1192. Ook zijn dochter Xenia van Byzantium wordt als heilige vereerd.

Attr. in volle wapenuitrusting; met een Hongaars vaandel; met rozenkrans en sabel in dezelfde hand; met een kerk in de hand (hij stichtte veel kerken en met name de kathedraal van Oradea, waar hij werd begraven); terwijl hij met zijn lans uit de rots een bron doet ontspringen om zijn troepen te lessen voordat deze de woelige naburen achtervolgden die zijn rijk waren binnengevallen.

Icon. Met name in Hongarije, maar ook in Oostenrijk en Italie populair en afgebeld als rijzige ridder met over zijn harnas een koninklijke mantel. Verder draagt hij een kroon, zwaard en lans, vaak zit hij te paard. Samen met St. Elisabeth van Hongarije of andere Hongaarse heiligen.

Lezing uit het boek Genesis 18,1-15.

Daarna verscheen Jahweh hem bij de eik van Mamre. Eens, toen hij op een hete middag in de opening van zijn tent zat, en zijn ogen opsloeg, zag hij drie mannen voor zich staan. Zodra hij ze zag, liep hij ze van de tentingang tegemoet, boog zich ter aarde, en sprak: Heer; als ik genade gevonden heb in uw ogen, ga dan uw dienaar niet voorbij. Sta mij toe, wat water te laten brengen; dan kunt Gij u de voeten wassen, en uitrusten onder de boom. Ik zal ook een stuk brood laten halen, om u wat te verkwikken, eer ge verder trekt; gij zijt nu toch langs uw dienaar gekomen. Zij zeiden: Doe, wat ge zegt.
Vlug ging Abraham zijn tent binnen, naar Sara, en sprak: Neem gauw drie maten fijne bloem, kneed ze en bak er broodkoeken van. Zelf liep Abraham naar de kudde, om een mals en mooi kalf te halen; hij gaf het aan zijn knecht, die zich haastte, het klaar te maken. Dan nam hij room en melk met het kalf, dat hij had laten toebereiden, en diende het op; terwijl zij aten, bleef hij zelf bij hen onder de boom staan.
Nu zeiden zij hem: Waar is Sara, uw vrouw? Hij antwoordde: Hier in de tent. Toen zeide Hij: Als Ik over een jaar om deze tijd bij u terugkom, zal uw vrouw Sara een zoon hebben. Sara stond achter hem te luisteren bij de opening van de tent. Nu waren Abraham en Sara beiden oud en hoogbejaard, en het ging Sara niet meer naar de wijze der vrouwen. Daarom moest Sara heimelijk lachen, en dacht: Zal er dan nog liefdegenot voor mij zijn, nu ik zelf verwelkt ben, en ook mijn heer al oud is!
Maar Jahweh sprak tot Abraham: Waarom lacht Sara toch, en denkt ze: zal ik dan werkelijk nog baren op mijn oude dag? Is er dan iets te moeilijk voor Jahweh? Over een jaar om deze tijd kom Ik bij u terug, en dan heeft Sara een zoon. Sara ontkende het in haar angst, en zei: Ik heb niet gelachen. Maar Hij sprak: Ge hebt wèl gelachen.

Heilig Evangelie van Jezus Christus volgens Lucas 1,46-47.48-49.50.53.54-55.

Maria sprak: Mijn ziel prijst groot den Heer, Mijn geest jubelt van vreugde In God, mijn Redder;
Want Hij ziet op de geringheid neer van zijn dienstmaagd. Zie, van nu af prijzen mij zalig Alle geslachten; Want de Machtige heeft aan mij grote dingen gedaan: Zijn Naam is heilig!
Zijn barmhartigheid reikt van geslacht tot geslacht Over hen, die Hem vrezen;Behoeftigen overlaadt Hij met gaven, En rijken zendt Hij ledig heen.Hij heeft Zich over Israël, zijn dienaar, ontfermd; Zijn barmhartigheid indachtig:Zoals Hij tot onze vaderen sprak: Aan Abraham en zijn zaad voor altijd.

Heilig Evangelie van Jezus Christus volgens Mattheus 8,5-17.

Toen Hij nu binnen Kafárnaum kwam, trad een honderdman op Hem toe met de bede: Heer, mijn knecht ligt thuis verlamd, en lijdt hevige pijnen. Jesus zeide hem: Ik zal komen, en hem genezen.
Maar de honderdman antwoordde: Heer, ik ben niet waardig, dat Gij onder mijn dak komt: maar spreek slechts één woord, en mijn knecht zal genezen. Want ook ik ben een man, die zelf onder gezag ben gesteld, en die soldaten onder mij heb. En tot den een zeg ik: "Ga", en hij gaat; en tot den ander: "Kom", en hij komt; en tot mijn knecht: "Doe dit", en hij doet het. Toen Jesus dit hoorde, was Hij verwonderd, en sprak tot hen, die Hem volgden: Voorwaar, Ik zeg u: Zo’n groot geloof heb Ik zelfs in Israël niet gevonden.
Ik zeg u, dat velen zullen komen van het oosten en het westen, en zullen aanzitten in het rijk der hemelen, met Abraham, Isaäk en Jakob;maar dat de kinderen van het rijk zullen worden uitgeworpen naar buiten, de duisternis in; daar zal geween zijn en gekners der tanden.En tot den honderdman sprak Jesus: Ga, en zoals ge geloofd hebt, zo geschiede het u. En op hetzelfde uur genas de knecht.
En toen Jesus in het huis van Petrus was gekomen, zag Hij, dat zijn schoonmoeder bedlegerig was en lijdend aan koorts.Hij nam haar bij de hand, en de koorts verliet haar; en ze stond op, en bediende Hem.
Bij het vallen van de avond bracht men vele bezetenen naar Hem toe; en met één woord dreef Hij de geesten uit, en genas Hij alle zieken;opdat vervuld zou worden, wat door den profeet Isaias was gezegd: "Hij draagt onze kwalen en torst onze smarten.

Overweging bij de lezing van vandaag:
Basilius van Seleucië (?- 468), bisschop
Homilie 19 over de hoofdman, PG 85, 235v


"Velen zullen komen van het oosten en het westen, en zullen aanzitten in het rijk der hemelen"

      In het Evangelie heb ik de Heer wonderen zien verrichten en daardoor gerustgesteld, versterk ik mijn vreesachtige spreken. Ik heb de hoofdman zich zien neerwerpen aan de voeten van de Heer: ik heb naties gezien die hun eerste vruchten naar Christus stuurden. Het kruis is nog niet opgericht, maar de heidenen spoeden zich al naar de meester. Men heeft nog niet gehoord: "Ga en onderricht alle naties" (Mt 28,19) maar de naties komen al toegesneld. Hun snelle loop gaat aan de roep vooraf, zij branden van verlangen naar de Heer. De prediking heeft nog niet geklonken, maar ze haasten zich al naar Degene die predikt. Petrus ... wordt nog onderwezen, maar ze verzamelen al zich rond Degene die hem onderricht; het lamp van Paulus heeft nog niet gebrand in de standaard van Christus, maar de naties komen de Koning al aanbidden met wierook.

      En nu komt een hoofdman die Hem smeekt: "Heer, mijn knecht ligt thuis verlamd, en lijdt hevige pijnen". En zie een nieuw wonder: de knecht van wie de ledematen verlamd zijn, leidt zijn meester naar de Heer; de ziekte van de slaaf geeft gezondheid aan zijn eigenaar. Toen hij de gezondheid van de dienaar zocht, vond hij de Heer, en terwijl hij smeekt om de gezondheid van zijn slaaf, wordt hij de verovering van Christus.

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